venerdì 27 aprile 2012

Project Sun






Vi ricordate quando tempo fa postai questo video? Era l'ultimo post del vecchio Kamikablog.
Insieme alle varie news sulla  non più pubblicazionede "L'Ira dei Quattro" e al nuovo romanzo in fase di scrittura "Pulsarshine" avevo messo un piccolo annuncio su qualcosa di cui non avrei potuto parlare.
Sono passati quasi 6 mesi e adesso posso finalmente dire a voi lettori di passaggio o continui sostenitori di questo blog, che quest'anno a Lucca Comics 2012 verrà presentato un nuovissimo progetto nato dalla collaborazione del sottoscritto e di Valeria Romanazzi.






Project Sun sarà un fumetto di genere Cyberpunk, pensato per essere una trilogia. Quest'anno sarà disponibile il primo numero e devo davvero confessare che per me è un'emozione unica.
Sì, perchè sarà la prima volta che qualcuno (che non siano i miei amici) conoscerà ciò che scrivo. Esattamente: la storia di questo fumetto è stata creata e scritta dal sottoscritto.
La stupenda sceneggiatura, i disegni eccezionali e la maestria della colorazione saranno invece opera di Valeria Romanazzi.
E' da più di un anno che il progetto è nato e senza far sapere nulla a nessuno l'abbiamo portato avanti, fin quando non fosse stato pronto ad essere presentato al pubblico.
Ed eccoci finalmente qui, siamo arrivati al fatidico giorno in cui un primo piccolo assaggio di Project Sun è venuto fuori allo scoperto. Lo ammetto, nonostante io abbia visto già la nascita e i vari passaggi dell'immagine sopra riportata, quando ho visto quel "A. Leonardi" affiancato a quello di "VR-Tenaga" sopra il titolo, ho avuto un lungo brivido e l'emozione a mille.
Non so perchè, ma è stato e continua ad essere piacevole.

Ad ogni modo, spero realmente che possa piacere e soprattutto che i lettori vengano coinvolti dalla trama e possano affezionarsi ai personaggi. Lo scopriremo solo vivendo.
Per adesso tutto ciò che posso fare è segnalarvi vari link che potrebbero interessarvi:

venerdì 20 aprile 2012

Vorrei che avessimo avuto più tempo




Vorrei che avessimo avuto più tempo.
Avrei davvero voluto che la nostra felicità durasse in eterno… o comunque più di quanto io stesso, con la mia percezione da comune mortale, riesca ad immaginare.
Avevo grandi piani per noi, e ti assicuro che non sono un tipo che costruisce progetti per la sua vita futura; ho sempre preferito vivere come se non ci fosse mai un domani, alla giornata, con la consapevolezza che forse quel giorno sarebbe stato l’ultimo.
Già. Prima di conoscerti la mia vita era parecchio strana e ben differente rispetto a quella di adesso. Non ero per niente responsabile e la serietà era qualcosa a me totalmente ignota.
Vuoi che ti faccia un esempio?
Erano rari i casi in cui la mattina aprivo gli occhi e non trovavo nessuno al mio fianco, qualcuno con cui la notte prima era avvenuto uno scambio di emozioni e brividi. L’illusore, era così che mi chiamavano. Per molti anni ho fatto parte di quella cerchia di persone che adesso odio con tutto me stesso: ero colui che abbordava fantastiche ragazze in discoteca, che le seduceva con parole dolci e al tempo stesso fredde come una stalattite e che se le scopava senza un briciolo di passione, promettendo poi cose che ovviamente non avrebbe mai mantenuto. Sapessi la mia rubrica come straripava di numeri ai quali avrei dovuto richiamare, non ne avresti la più pallida idea.
“Ci rivedremo, non è così?” mi chiedevano.
“Certamente! Come no!” pensavo con sarcasmo ogni singola volta, mentre la mia bocca pronunciava parole che esprimevano un concetto chiaramente opposto ed fittizio. Il mio compito era dar loro quel piacere primordiale che qualunque persona sente il necessario bisogno di ricevere, e lo ricevevano… cavolo, eccome se lo ricevevano. E vogliamo parlare della soddisfazione che poi accomunava entrambi? Una sensazione che scemava lentamente man mano che i minuti passavano. Osservavo quasi ogni notte un soffitto differente nel buio di una camera da letto, mentre pensavo al divertimento provato poche ore prima.
Divertimento: era questo il fulcro di tutto.
Non lo nego, mi divertivo senza sperimentare alcuna emozione; ero semplicemente una macchina pronta a soddisfare la ragazza di turno quella determinata sera. All’inizio di ogni rapporto me ne vantavo anche, ma durante le ore notturne in cui sentivo il respiro pesante della persona che dormiva al mio fianco, reputavo me stesso come l’essere più squallido di questo mondo.
Potevo cambiare, avrei potuto fare in modo di smetterla una volta per tutte di comportarmi così.
“Perché non l’hai fatto?” mi avresti chiesto.
La risposta è semplice: non volevo. Mi piaceva essere ciò che ero, sebbene ci fosse quel senso di disgusto che mi prendeva dopo un paio di ore dall’atto sessuale quotidiano.
Le mie giornate erano diventare tutte uguali: sveglia, lavoro in azienda, attività sportiva post lavoro, discoteca e notte di sesso. Quando quell’ultima mancava mi divertivo semplicemente scolando alcolici di diverso tipo.
In quel caso il divertimento era ben differente ma pur sempre piacevole. Ovviamente fin quando mi rendevo conto di ciò che stavo facendo: quando poi un fitto strato di nebbia avvolgeva il mio cervello il piacere passava e con esso ogni mia facoltà mentale. Molte volte mi sono svegliato disteso su un pavimento, con i vestiti sudici e i capelli zuppi di vomito. Man mano che il tempo passava, il sesso diminuì mentre le bottiglie vuote, con le loro etichette colorate nelle quali erano appena visibili le gradazioni, aumentavano a dismisura. Eppure, nonostante sapessi il risultato di ciò che quello schifo era in grado di provocarmi, non riuscivo a smettere di ingurgitarlo. L’alcol è come una droga, una volta provato non riesci più a farne a meno… hai bisogno di qualcuno che ti porti sulla retta via prima di perdere tutto ciò che ti rimane. Era proprio ciò che stava capitando a me, stavo perdendo amici e familiari per il mio scontroso carattere che quelle bevande fiammeggianti alimentavano.
Poi incontrai lei. Caroline.
Se ti dicessi che ci siamo conosciuti al supermarket mentre stavo proprio comprando altre bottiglie di vodka da scolarmi, non mi crederesti. Sai cos’era? Era come la luce in fondo al tunnel: quel bagliore che ti obbliga a dirigerti verso di lui in un modo o nell’altro.
E io cosa ho fatto?
L’ho seguita. Se solo avessi dato ascolto alla mia parte irrazionale adesso forse non sarei qui, e per certi versi sarebbe anche un bene… perché… perché…
No, non posso. Non posso.  Credimi, vedermi in queste condizioni sarebbe stata l’ultima cosa che avresti voluto. Voglio solo avere la serenità nell’accettare ciò che è accaduto.
Sono certo che non resisterò ancora a lungo: i ricordi e i pensieri mi fanno star male giorno dopo giorno mentre la fune alla quale sono aggrappato e che mi impedisce di precipitare nel baratro della disperazione si sta per spezzare.
Non esisteva attimo in cui non pensavo a ciò che avremmo fatto insieme; alle domande che mi avresti fatto come il perché esistano le stelle nel cielo, perché quest’ultimo durante la mattina è azzurro e la sera diventa magicamente nero, perché la luna è bianca e se è vero che è fatta di formaggio; la caduta del tuo primo dentino e il tuo primo giorno di scuola; i tentativi di dirti che per te ci sarei stato sempre anche quando la tua adolescenza ti avrebbe portato a reputarmi uno stronzo.
Sono tutte cose che… che non potremo più fare.
Quando seppi della tua esistenza tutto è cambiato per me, riuscivo a vedere ciò che prima mi era nascosto sebbene fosse stato sempre davanti ai miei stessi occhi. Soprattutto riuscivo a percepire sempre più l’umanità della gente che mi circondava, e pensavo che ogni singola persona aveva provato quella stessa felicità… quelle stesse emozioni che in quel momento alimentavano la mia voglia di vivere.
Carl.
Cerco sempre di convincere Caroline a non pronunciare il tuo nome. Quelle quattro lettere, messe una accanto all’altra che mi pugnalano una ad una. Eppure non puoi neanche immaginare quante volte lo pronunciavamo, come se fossi già qui con noi trasformando in un trio quella coppia che da più di cinque anni tentava di generare la vita.
Mi è caduto il mondo addosso quando ricevetti quella telefonata. Stavo proprio parlando di te con William, gli stavo riferendo che campione saresti stato, data la tua forza a scalciare. Ricordo con precisione ogni singola parola che mi venne comunicata, ricordo che la mia vista si appannò e per tre interi secondi non riuscii a vedere nulla, ricordo l’espressione di William quando gli dissi dell’accaduto. Non versai una lacrima, ma fu lui a versarne per me. Avrei voluto fartelo conoscere, sareste andati d’accordo insieme, ne sono più che sicuro. È una stupenda persona e un grande amico, ed è stato proprio lui ad accompagnarmi in ospedale sapendo che se avessi guidato io probabilmente ti avrei seguito in poco tempo.
Aborto.
Vaffanculo a quella dannata parola. Per me quel vocabolo equivale alla morte. Perché non mi dissero semplicemente ‘suo figlio è morto’ anziché ‘sua moglie ha avuto un aborto’?
Tutti i miei progetti vennero spazzati via nel giro di pochi istanti mentre abbracciavo tua madre che piangeva con disperazione su di me. Realizzai solo allora che tu non ci saresti mai stato… non saresti mai nato, ed io non sarei mai diventato tuo padre.
Adesso? Come sto adesso?
Come se avessi perso ogni cosa. Mi dicono di affidarmi alla fede, ma una domanda mi sorge spontanea ogni volta: se è vero che esiste un Dio là sopra, se realmente egli giudica e ha potere di decisione sulla vita e sulla morte di ogni singolo essere umano… perché… perché tra sette miliardi di persone ha dovuto scegliere proprio te?
So che pecco di presunzione e che in un angolo del mondo, in questo preciso istante un padre ha perso suo figlio.
Ma al diavolo, non me ne frega un cazzo!
Io ho perso te, ho perso mio figlio e non mi interessa nulla degli altri, perché tutto ciò che mi interessava è sparito insieme alla tua breve vita.
Avrei voluto portarti qui quando saresti stato più grande, in questa collina in periferia. A guardare il tramonto, seduti entrambi sull' erba verde, la schiena poggiata su questo vecchio albero mentre il vento avrebbe scosso le sue fronde. Ti avrei parlato di quando da bambino venivo qui per ammirare il fantastico paesaggio da favola, mentre mi estraniavo dal gruppetto di ragazzini che avevano sempre fatto i bulli con me. Ti avrei detto che era il mio posto segreto in cui riuscivo ad essere libero da ogni pensiero, e che a distanza di anni l’effetto era il medesimo. C’è sempre stata una strana calma qui, ed essa è sempre stata in grado di farmi stare bene. Forse è questo il motivo per cui sono venuto qui: per cercare la pace che al momento non riesco a trovare.
Dopo tre mesi da quell’orribile evento non ho ancora versato una lacrima, sono certo che sarebbe d’aiuto, ma sembra che io non ne sia capace. Un giorno, forse, riuscirò a piangere la tua scomparsa. Fino ad allora verrò qui ogni singolo giorno, pensando che vorrei avessimo avuto più tempo.

domenica 15 aprile 2012

Nuovo inizio

Mi dispiace davvero tanto se non mi sono fatto sentire in questo periodo.
L'ultimo aggiornamento risale a Novembre e da allora non è che ci siano stati dei gran cambiamenti, a parte che ho un anno in più, compiuto qualche settimana fa. E sì... i 24 sono arrivati anche per me. Eppure credevo che a quest'età sarebbero comparsi dei superpoteri pazzeschi, invece nulla.
E vabè, pazienza, non si può volere tutto dalla vita. Giusto?

Quindi perchè questo cambio di look generale al forum?
Perchè è sparito il buon caro vecchio decrepito e poco utilizzato KAMIKABLOG?
Il suo ciclo era semplicemente terminato. Avevo dato al vecchio blog quel nome proprio per provare ad avviare un blog, ma l'avevo gettato tra le braccia del web ad una condizione: se non mi avesse convinto sarebbe "esploso" nel giro di qualche settimana. Ebbene, le settimane sono passate, così come i mesi. Alla fine il KAMIKABLOG ha compiuto due anni. Ricordo ancora quando scrissi il primo post: all'epoca avevo iniziato da poco la stesura del primo volume de "L'Ira dei Quattro"; avevo una super-influenza in circolo e poco dopo aver premuto il tasto pubblica sono andato al cesso a rigettare quello che avevo mangiato (quel mese è stato il top di disagi dovuti a quell'influenza che però mi ha portato a perdere poco meno di 20 kili in un solo mese); aspettavo con trepidazione la puntata finale di LOST da guardare con una mia carissima amica. 
Era un post parecchio divertente, mi ero anche divertito a scriverlo. Ed era questo lo spirito che volevo per il mio blog: che fosse idiota, senza un minimo di senso proprio come quel primissimo post.
Poi pian piano mi sono reso conto che la vena idiota stava sparendo lentamente. Non era più il blog che volevo, quello in cui la gente sarebbe entrata e si sarebbe fatta un po' i cazzi miei ma ridendo. Quindi diciamo che il KAMIKABLOG era già esploso da tanto tempo, per lasciare spazio a qualcosa di non definito che accomunava un po' alcuni aggiornamenti non tanto importanti e un po' alcuni sfoghi da parte del sottoscritto.
Di certo non potevo continuare in questa direzione. Non mi andava, e non mi piaceva.
Cambiamo tutto!






Un nuovo inizio.

Un blog nuovo e più curato che forse avrà contenuti ben più interessanti del precedente, un'organizzazione migliore e spero una buona percentuale di visite. 
Non mi aspetto di certo milioni di visite, sinceramente non me ne aspetto neanche un centinaio in più rispetto a prima, ma dato che non si parlerà più di me qui dentro, forse alla gente importerà di più.
Di cosa si parlerà quindi?
Dei miei vari progetti che ho in cantiere e altri che sono già in corso (insomma aggiornamenti attinenti a ciò che non sia la mia vita privata o i miei strambi pensieri).

Il nuovo aspetto azzurro-blu scuro del blog ad esempio non è altro che l'anticipazione di qualcosa che saprete a breve. Qualcosa di cui avevo parlato in un post precedente e che spero possa attirare l'attenzione e la curiosità di molti di voi.
Più di tanto non posso ancora dire, ma vi assicuro che manca molto ma molto poco per avere delle news sostanziali in mano.

Detto ciò, grazie a chiunque sia passato e sia arrivato alla fine di questo primo post del "nuovo blog".